AUSTRIA - SALISBURGO, AL MEGLIO IN 48 ORE
--- (Rivista Touring Febbraio 2017) ---
Il capoluogo del Salisburghese, dominata dalla Hohensalzburg, la fortezza eretta nell’XI sec. dai principi-arcivescovi, è un gioiello barocco, ricco di musei e con una straordinaria offerta culturale e gastronomica. Alcune città sono vere e proprie sinfonie. Per la vista e per il cuore, espressione di proporzione, armonia, equilibrio. E bellezza. Quella che si respira a pieni polmoni, che riempie gli occhi e risuona nelle orecchie a Salisburgo, il capoluogo del Salisburghese legato alla musica e al folletto Wolfgang Amadeus Mozart. Il fanciullo prodigio, il genio incontrollato e incontrollabile che ha regalato al mondo arie immortali e che abbiamo imparato ad amare. Allegro moderato. Una città bianca, rosa e oro, compatta e solida nella piena luce del giorno, delicata ed evanescente ai primi bagliori dell'alba. Zucchero filato di stucchi e quinte di marzapane di case dai colori tenui allineate come soldatini, riccioli capricciosi di ferro battuto, putti curiosi e impertinenti aggrappati alle fontane e abbarbicati ai cornicioni. Una città gioiello, piccola e preziosa, che sa vivere, nutrita d'arte e di musica. Un palcoscenico che profuma dolcemente di segatura e di secoli e che si illumina ogni volta che si accendono i riflettori su uno dei 4.000 festival che annualmente attirano visitatori da tutto il mondo. Una città paga di se stessa, capace di mantenere i propri ritmi e i propri riti senza per questo apparire sorpassata e statica. Che vive le proprie tradizioni e sfoggia con orgogliosa disinvoltura costumi tipici tutti volant e fantasie a fiorellini, calzoni di cuoio che lasciano scoperte le ginocchia e giacche di panno dai bottoni elaborati. Caffè fragranti e pasticcerie preziose, luccicanti di Mozartkugel, in cui acciambellarsi pigri come gatti: dolcezza a piene mani, da gustare seduti, dimenticando il tempo e le ansie della quotidianità nell'abbraccio consolatorio di praline e cioccolata. Ma anche pacche sulle spalle, partite a carte. Wurstel, pipe intagliate e boccali di birra nei cortili dal ghiaietto croccante di locali accoglienti come un vecchio maglione, all'ombra di grandi ippocastani silenziosi. Nella vasta zona pedonale, nelle eleganti piazze come l'Alter Markt e lungo la Getreidegasse, la via dello shopping affannata nel gioco dei cortili e dei passaggi laterali che le sfuggono da ogni parte, griffe alla moda, gallerie d'arte, antiquari e artigiani si contendono vetrine e insegne in ferro battuto, mentre le carrozzelle dai cavalli ciondolanti attendono pazientemente sulla Residenplatz. Molto lento e solenne. Salisburgo, divisa dal fluire pigro del Salzach, è un trionfo armonioso di chiese e palazzi acquattati fra le braccia delle sue sentinelle di pietra, il Kapuzinerberg sulla riva destra e il Monchsberg su quella opposta. Dominato dalla cupola del Duomo, il centro storico si arrampica con campanili e torri aguzze verso il monte, ai cui piedi si rannicchia intimidito il piccolo cimitero Petersfriedhof e su cui troneggia la fortezza Hohensalzburg, muta testimone con la sua ingombrante presenza del peso che i suoi signori, i principi-arcivescovi, ebbero per oltre seicento anni, fino al XIX secolo. Potere religioso e potere temporale incastrati gli uni negli altri al pari dei due edifici che ne sono espressione. Le torri gemelle del Duomo, dalla sontuosa facciata in marmo, sono innervate con un porticato al severo edificio della Residenza degli arcivescovi, illeggiadrita dal cortile d'onore, un susseguirsi cerimonioso di saloni di rappresentanza dalle stufe panciute in maiolica e dalle tappezzerie di seta. Qui, ultimo nato fra le tante eccellenze della città, si snoda il DomQuartier, il poderoso complesso museale articolato in più raccolte, dall'arte antica e quella moderna. Un impegno e un'impresa culturale impressionanti che meriterebbero più attenzione da parte dei turisti che, simili a passerotti, a frotte inseguono guide poliglotte intente in un vero tour de force cittadino. Arroccata sul monte Festungsberg, dal 1892 espugnabile grazie alla funicolare che in 54 secondi permette pacificamente di penetrare nel suo cuore, ecco la fortezza, un gomitolo di camminamenti, terrazze e bastioni arrotolati intorno a una piccola piazza addolcita da un tiglio secolare. Dal fortilizio in cui finì i propri giorni, il principe-arcivescovo Wolf Dietrich von Raitenau graffiava sui muri della prigione e nel proprio cuore “È l’inganno vil del mondo...” e si struggeva per Salisburgo. Quella città che aveva reso bella e felice chiamando a corte gli italiani per darle tra il 1587 e il 1617 un nuovo volto. Dai loro progetti nel 1606 era nato il Taj Mahal dell'Austria, quel castello di Mirabell, circondato da ariosi giardini, pegno d'amore per Salome, la madre dei suoi 15 figli. Minuetto, allegro con brio. Città fra le più scenografiche del mondo, Salisburgo è un palcoscenico. Salisburgo è Mozart. La chiave di questo luogo, dove anche l'acqua canta nelle fontane affollate di tritoni e dei e gorgoglia festosa e birichina negli scherzi che implacabili inondano con spruzzi e zampilli improvvisi i visitatori del grande parco del palazzo di Hellbrunn, luogo di delizie del cardinale Markus Sittikus, è la musica. Quella di Wolfgang Amadeus, di cui si visitano la casa natale in Getreidegasse e quella di Makartplatz, dove compose oltre 150 fra sinfonie, arie e concerti. Quella del Festival nato nel 1920 dalla tenacia del regista Max Reinhardt, ma anche quelli di Pasqua e di Pentecoste voluti dal direttore d'orchestra salisburghese Herbert von Karajan nel 1967 e 1973. È stata però l'unione fra musica e cinema a regalare alla città il tour ancora oggi più richiesto dai turisti. Tratta da un'autobiografia di Maria Augusta von Trapp, interpretata sul grande schermo da Julie Andrews nel 1965, “Tutti insieme appassionatamente”, la storia della famiglia canterina Trapp, costretta a riparare in America dopo l'invasione nazista nel 1938, vinse cinque Oscar e portò nel mondo l'immagine di Salisburgo. La cui icona vincente si identifica oggi con Red Bull, la bevanda ideata nel 1984 da Dietrich Mateschitz cui, insieme a Toro Rosso, è legata l'omonima scuderia di Formula 1. L'Hellbrunn di Mateschitz si chiama Hangar-7, un gigantesco disco volante di ferro e vetro alle porte della città che racchiude una straordinaria collezione di auto, aerei e moto. Ma anche due bar e il ristorante Ikarus, che vede la presenza a rotazione di uno chef stellato al mese. Perché non si vive di sola musica...