ROMA OLTRE TEVERE, NEI SEGRETI DEL BORGO VECCHIO
--- (Touring Dicembre 2012) ---
L’antico quartiere di borgo Pio, nato e cresciuto con e per la basilica di S. Pietro, è un concentrato di storie umane e politiche, leggende e professioni curiose. Un Urbe multi religiosa raccontata da coloro che la conoscono da vicino. Per secoli, ed ancora oggi, il «ponte» per i romani è uno solo: quello che congiunge le due rive del Tevere di fronte a Castel Sant'Angelo. Fino al 1911, anno in cui fu inaugurato il nuovo ponte intitolato a Vittorio Emanuele II, dirigeva i passi dei cittadini dell'Urbe sulla stessa strada che Nerone aveva tracciato, con un ponte di cui si vedono ancora le rovine, per chi sulla riva del Tevere si recava a sollecitare i vaticini dei maghi etruschi che vivevano nell'ager vaticanus. Infatti, Vaticano, per quella strana regola linguistica che vuole che le parole, come le navi, subiscano una deriva, ricorda ancora quegli oscuri sacerdoti, privi del diritto di entrare nel Pomerium, confine sacro e intangibile dell'Urbe. Relegati tra le sabbie, vivevano tra acque stagnanti, malaria e tombe, intenti a scrutare un cielo misterioso ma pieno di predizioni. E senza diritto di accesso alla città, per lungo tempo, sono stati molti degli abitanti di Borgo, il quartiere romano che ancora fa da vestibolo alla Patriarcale Basilica Papale di S. Pietro, così si chiama, ufficialmente, la chiesa del Papa. Non avevano diritto di varcare le mura di Roma quei «germanici» che, da discendenti degli invasori e saccheggiatori dell'Urbe, si erano trasformati in pii pellegrini, con una irrefrenabile devozione per la gigantesca basilica costantiniana costruita sulla tomba di Pietro. Furono i Franchi, i Frisoni, i Longobardi, i Sassoni a fortificare le loro scholae, le chiese e gli ospizi dove i pellegrini delle rispettive nazioni venivano accolti e assistiti. E Burg, che in tedesco antico significa centro fortificato, è la radice di quel Borgo che ancora indica gli antichi insediamenti romani dei «figli primogeniti» della Chiesa. Ed è strano che proprio ai saccheggiatori di Roma si debba il recupero di quella tradizione sanitaria, gloria dell'Impero augusteo, a metà strada tra i vaticini etruschi e la pratica medica greco-orientale, che la Roma medievale aveva scacciato dall'isola Tiberina e dal Pomerium. L’Arcispedale di Santo Spirito in Saxia è l'ospedale più antico del continente europeo, di certo aperto e attivo già nel 727, più volte in rovina e più volte rimesso a nuovo, pensato in chiave moderna nel 1198 da papa Innocenzo III. Le parti più antiche sono state trasformate in strutture museali (visitabili) e comunicano un indicibile fascino, anche perché sono le sole del lato sud dell'antico Burg a essersi conservate intatte. L'aspetto fortificato, e magari un po' arcigno, Borgo è riuscito a mantenerlo fino al 1936, quando Mussolini dette il primo colpo di piccone per abbattere la «spina» che nascondeva l'intero quartiere agli sguardi della città. Si chiamava così la linea mediana di un circo romano: in un teatro moderno corrisponde alla quinta. Sulla riva destra del Tevere, a partire dal Quattrocento, la linea di case, proprio sul greto del fiume, si era formata pian piano anche grazie alle franchigie che il potere papale concedeva a coloro che accettavano di costruire su quel terreno infido, metà sabbia metà creta, che il fiume e il Gianicolo riversavano sulla riva destra del biondo, e troppo facile agli straripamenti, Tevere. Così le cortigiane oneste, quelle che si accontentavano di avere per clienti solo nobili ed ecclesiastici, non avevano nulla da temere dalle varie ordinanze che, a cicli alterni, l'autorità pontificia promulgava nel vano tentativo di reprimere un'industria tipica della Roma di tutti i tempi. E, sempre ben nascoste dalla spina di Borgo, nella Città Leonina, proprio a ridosso del Palazzo Apostolico, la tranquillità era assicurata anche ai frequentatori delle stufe, traduzione «alla romana» della parola tedesca Stube. Erano una via di mezzo fra un bagno romano e una sauna, aperte a maschi e femmine. A credere alla letteratura libertina di tutto il Sette-Ottocento, abitare a Borgo assicurava tranquillità e sicurezza agli spiriti, e ai corpi, più irrequieti. Due vantaggi assicurati anche al boia papale, obbligato a restare nascosto dietro la spina di Borgo, dove si guadagnava da vivere esercitando un onesto mestiere, obbligato a coprirsi con un mantello rosso per attraversare il ponte solo per andare a compiere quella che Cesare Beccaria, riferendosi ai boia di tutti i Paesi, chiamava «la liturgia del dolore». Dell'ultimo boia papalino, Giovanni Battista Bugatti, detto Mastro Titta, si sa che era nato a Senigallia e che negli anni del suo servizio, dal 1796 fino al 1864, ha giustiziato 516 condannati di tutti gli Stati della Chiesa. Abitava al numero 2 di via del Campanile, il vicolo che si apre sulla destra della chiesa di S. Maria in Traspontina. La porta che apriva sulla sua bottega di ombrellaio è ancora al suo posto, ma per fortuna ora immette nel reparto per bambini di una libreria cattolica. Quella da dove usciva quando indossava la cappa scarlatta, conservata nel Museo criminologico del complesso di S. Spirito in Saxia, pur murata è facilmente distinguibile. Tutta la facciata della casa di mastro Titta, sebbene inglobata dai palazzi costruiti dopo l'abbattimento della spina di Borgo, è intatta e riconoscibile. In fondo, pur compiendo un abominio urbanistico, Mussolini e Pio XI, nel 1936, soddisfecero un desiderio che da secoli tormentava i governanti romani, quasi che l'abbattimento della fila di case che legava il Borgo Vecchio (la parte verso l'arcispedale di S. Spirito) con il Borgo Nuovo (la parte verso le mura vaticane) fosse destinata a togliere ai borghiciani l'alibi alle loro non sempre comprensibili abitudini. Un esempio? Dopo il 20 settembre 1870, quando gli italiani offrirono al Papa la piena sovranità sui Borghi e sulla Città Leonina, i suoi abitanti infiammarono il quartiere con le loro proteste ma il 2 ottobre del 1870, al plebiscito per confermare il loro desiderio di essere annessi all'Italia, su 16.590 borghiciani aventi diritto al voto se ne presentarono alle urne solo 1.566. È lo stesso spirito con il quale i circa trecento frontalieri, commercianti ambulanti di oggetti sacri che «fronteggiano» i turisti sul limitare del colonnato berniniano, reagirono a un'ordinanza municipale che, in vista del Giubileo del 2000, li voleva allontanare dal loro secolare posto di lavoro: appuntarono una stella gialla sul loro petto, rivendicando la loro identità religiosa, e chiesero che venisse fatta valere la bolla papale quattrocentesca che permetteva agli ebrei di lavorare in tranquillità oltre il ghetto e dietro la spina di Borgo. Il sindaco ritirò l'ordinanza e gli ebrei del Papa, sempre numerosi nelle sartorie ecclesiastiche e nei negozi di articoli religiosi, chiamati appunto «paternostrari» o «coronari», probabilmente ricevettero l'ultimo favore da parte di un Pontefice. L’Arte della sartoria è stata sostituita anche a livello ecclesiastico dai capi preconfezionati e nei negozi, i souvenir religiosi ora sono tutti made in China. In via degli Ombrellari nessuno fabbrica o vende più la merce che, per secoli, ha dato il nome alla stradina. E in Borgo Vecchio le fucine delle piccole fonderie specializzate in oggetti artistici di bronzo sono spente da decenni. Anche per le campane, la storia sembra finita: l'ultima fonderia, nel vicolo del Farinone, ha spento il forno intorno al 1995, dopo circa 450 anni di attività. Resistono l'antica tabaccheria di via Borgo Pio, la latteria del 1903, il panificio dell'Ottocento, la merceria dove il cardinale Ratzinger, borghiciano vero per vent'anni insieme alla sorella Maria, ha comprato il maglioncino nero che indossava il giorno in cui è stato eletto Papa... In realtà, la maggior parte delle famiglie originarie di Borgo fu catapultata nell'agro romano dagli interventi urbanistici del 1936: tutti gli edifici a sud del Passetto furono demoliti per fare spazio a via della Conciliazione. Pochi edifici importanti (S. Maria in Traspontina, palazzo Torlonia, palazzo dei Penitenzieri) furono salvaguardati solo perché in asse con la nuova arteria. Il progetto infatti prevedeva solo edifici destinati agli uffici vaticani. Un'eccezione era il palazzo della municipalizzata dove i romani andavano a pagare la bolletta del gas. Nel 2000, il palazzo doveva essere acquistato da una banca araba, ma il Vaticano, raddoppiando l'offerta ha evitato che la mezzaluna si inserisse nella prospettiva che unisce ponte Sant'Angelo a S. Pietro. Per il momento.